La risposta all’interpello numero 342 dell’11 settembre 2020 si concentra sull’eredità e sulla deducibilità dei debiti in tema di successioni.
Nel caso concreto l’istante chiede di sapere se un debito del de cuius, non legato all’acquisto di beni relativi alla successione ma utilizzato per la ristrutturazione dello stesso bene, possa rientrare tra quelli per cui è prevista la deduzione.
Nel rispondere al quesito l’Agenzia delle Entrate riepiloga il quadro normativo di riferimento.
Le aliquote da applicare per l’imposta sulle successioni sono quelle previste dall’articolo 2, comma 48, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262.
Tale imposta deve essere applicata per i trasferimenti di beni e diritti mortis causa e deve essere versata dagli eredi o dai legatari.
A determinare quali sono le spese deducibili è l’articolo 20 del TUS che individua tra le passività deducibili:
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i debiti del defunto alla data di apertura della successione;
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le spese mediche e funerarie, previste dall’articolo 24 del TUS.
Nello specifico la deduzione è ammessa nel rispetto dei limiti degli articoli da 21 a 24.
Eredità, i limiti della deducibilità dei debiti
Nel fornire i chiarimenti riguardo ad i limiti di deducibilità dei debiti in una successione, l’Agenzia delle Entrate richiama la sentenza della Corte di Cassazione del 15 maggio 2015 n. 9957.
Tra i limiti alla deducibilità dei debiti, ci sono quelli del comma 1 dell’articolo 22 del TUS riguardo a quelli contratti per l’acquisto di beni o diritti non compresi nell’attivo ereditario.
Tali debiti sono deducibili nel rispetto delle altre condizioni e dimostrazioni richieste dagli articoli 21 e 23 del TUS.
In particolare deve essere rispettato quanto segue:
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il debito del de cuius deve essere stato contratto per l’acquisto di specifici beni e/o diritti;
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tali beni e/o diritti non devono essere compresi nell’attivo ereditario.
In assenza di tali circostanze il debito può essere considerato deducibile ai sensi e per gli effetti dell’articolo 20 del TUS.